Proprietà industriale – Marchi – Espressioni di uso comune prive di originalità – Marchio complesso – Inclusione dell’unico elemento che caratterizza un marchio semplice (artt. 12, 13 Dlgs n. 30/2005).
Parole o espressioni ampiamente invalse nell’uso comune per esaltare agli occhi del consumatore medio le qualità di qualsiasi prodotto o servizio per il quale vengano adoperate – quali super, extra, top, royal, prestige – non assumono un significato particolarmente originale neppure in ragione dell’accostamento concretamente realizzato, il quale non costituisce di per sé manifestazione di speciale inventiva o immaginazione. L’inclusione in un marchio complesso dell’unico elemento, nominativo o emblematico, che caratterizza un marchio semplice precedentemente registrato si traduce in una contraffazione, anche se il nuovo marchio sia costituto da altri elementi che lo differenziano da quello precedente. Tale principio, postulando che il marchio precedentemente registrato sia dotato di una particolare forza individualizzante, tale da renderlo autonomamente riconoscibile anche se inserito in una rappresentazione più articolata, non è riferibile all’ipotesi in cui il predetto inserimento comporti un’alterazione sostanziale del suo significato, in considerazione della debole capacità distintiva, derivante dall’adozione di una parola o un’espressione avente carattere meramente descrittivo: mentre, infatti, per il marchio forte vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti e originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti a escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte. (Nel caso di specie, il segno distintivo adottato dalla ricorrente costituiva lo sviluppo della radice della parola “impero”, evocativa del dominio di un imperatore, ravvisandosi un elemento debole e, quindi, inidoneo a respingere come imitativi i marchi che utilizzino la medesima radice, anche accostandovi la parola altrettanto generica “uomo”).
•Corte di cassazione, sezione I civile, sentenza 30 novembre 2017 n. 28818